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lunedì 13 febbraio 2023

La privatizzazione della sanità...

 ...così lo Stato risparmia! E poi ci stupiamo se il 60% non vota? E cosa dovrebbe votare e perché?

Elezioni regionali. Due anni fa girava la battuta: « Tra privatizzazione della sanità e privatizzazione della sanità chi vai a votare in Emilia Romagna? ». Ecco, appunto. Qui nel Lazio Zingaretti aumentò i ticket sulle analisi fino a qualche euro sopra il costo della prestazione private appena un « imprenditore » del settore si lamentò che con la cura del cosiddetto salvatore Monti i suoi clienti stavano diminuendo,; in pratica il presidente privatizzò letteralmente le tariffe del servizio pubblico, lasciando inalterati i vincoli di orario che il privato non ha più. Sulle code risparmio fiato: 190 euro per una risonanza oppure tre mesi di attesa, non ci sono commenti.

Quanto all’altro, ecco un florilegio dal suo programma: 

Sussidiarietà in ogni cosa (cioè privatizzare tutto il privatizzbile con la sussidiarietà orizzontale ultimo paragrafo del link)

Prenotazioni comuni tra servizio pubblico e privato (così li spediamo più agevolmente nelle strutture private, perché nelle altre « non c’è posto, quindi se la vuole fare... »);

Farmacie dei servizi, altro passo verso la privatizzazione

Per musei, biblioteche teatri centri di documentazioni (sic!) archivi istituti e beni culturali: « partecipazione sempre più attiva dei privati »

« Promuoveremo sempre più la partnership tra pubblico e privato » - a Roma ogni giardinetto di quartiere, una cosa semplice no?, trasandato e sporco come una discarica, proclama a gran voce i successi di un approccio assai pubblicizzato negli scorsi anni come la trovata geniale per « far risparmiare il Comune ». Si aprirono nei piccoli giardini una serie di chioschi di alcolici, con qualche brutta sedia in plastica e pessimi snack confezionati, spacciando l’idea che i gestori avrebbero dovuto prendersi cura del parco in cui si erano installati. Ci volle un attimo perché quest’ultimi mettessero in chiaro che loro, come ogni negoziante, si sarebbero occupati del proprio angolino. Il resto andò in malora e vi è tuttora. Su più ampia scala, i successi di Expo son li’ a raccontare la stessa storia a chi vuole sentirla.

« Sistemi di gestione improntati anzitutto alla sostenibilità » (sennò la UE frigna)

In tema ambientale: « superamento di posizioni ideologiche »: asfalto cemento, edifici di mille piani e milioni di m3 mica sono un degrado costante delle condizioni di vita di chi ci sta dentro e di chi li vede da fuori, no, sono un sano abbandono dell’ideologia.

« Agevolazioni tariffarie basate sul merito » per i servizi pubblici!!!

« Imprenditorialità accademica « !

« Liberalizzazione delle attività oggi controllate e amministrate »

« Strumenti di IA che conoscano il cittadino in tutti i suoi bisogni e esigenze »

Poi si frigna sulla denatalità e si auspicano politiche per la famiglia e il pendolarismo: ma troppo saggio chi figli al mondo non ne mette, anche con rincrescimento, in queste condizioni. Date salari e contratti di lavoro decenti, abolendo tutta quella fogna che va dal pacchetto Treu al Jobs Act; fate una politica abitativa che controlli le locazioni turistiche e studentesche e favorisca le famiglie, aumentate i nidi, proteggete le donne in età fertile dalle dimissioni in bianco e dalla precarietà, date futuro e speranza invece di bonus senza senso che servono solo a chi sta già abbastanza bene per non stringere troppo la cinghia nei primi mesi. Ipocriti.

  Della terza candidata non parlo neanche perché era del tutto fuori gioco.

Stesso dicasi per la Lombardia.

Oggi al momento di andare a votare ho perso per cinque volte la tessera elettorale in giro per casa. Il cervello era del tutto vuoto. Il mio inconscio proprio non mi ci voleva mandare, a seppellirmi da me, ed è già raro che vada a votare di lunedì, ma ieri proprio non ho trovato la voglia.

Oggi chi ha un reddito tra in venti e i trentamila euro, vale a dire la maggioranza di chi vive in Italia, non rappresenta un elettorato interessante per nessun partito. La loro politica non li calcola, semplicemente. Punta solo al ceto medio, cioè quello che sta sopra i 35mila e che ha cominciato a arrabbiarsi di brutto quando Monti invece di limitarsi a suicidare di stenti i ceti popolari come la destra e la sinistra di destra han fatto negli ultimi trent’anni, ha avuto l’indelicatezza di prendersela anche con loro. 

In questo non c’è differenza tra destra e sinistra. E infatti là dove morde più duro il taglio dei salari indiretti, cioè dei servizi pubblici, alle amministrative, i redditi sui 20-30mila non votano. Non votare, al di là delle grandi sbornie della sinistra di movimento (Eh ma noi le strade i corpi il conflitto er cambio de paradiiiiigmaaaa... idioti utili o inutili a seconda del punto di vista), ha peraltro un solo risultato: avvantaggia il più forte. 

Un labirinto frustrante da cui non si riesce a uscire, a tutto vantaggio di partiti che non hanno alcun interesse a cambiare politica economica, perché meno gente vota più facilmente la soddisfi senza spostare una virgola di quel che stai già facendo.

L’impotenza e la cecità ubique mi preoccupano. Il rifiuto della domanda di assegno di accompagno per la mamma, cinquecento euro che non bastano certo per pagare una persona, perché con una diagnosi simile sarebbe ancora autosufficiente, mi disgusta. A due anni e mezzo dalla domanda la pratica arriva a casa in una busta, una lettera semincomprensibile dell’INPS, quello che non deve essere troppo generoso per non mettere a rischio gli investimenti, come se sulle pensioni si dovesse investire. Intanto l’INPS s’è messo in tasca due anni e mezzo di assegno, e noi adesso per ripresentare la domanda dobbiamo pagare cinquecento euro in visite mediche e legali, per una persona che ne prende 780 di pensione, grazie a un quarto di secolo lavorato con i cococo dell’amato Prodi e una figlia a carico, poco da discutere (io ne prenderò anche di meno e lavorerò, come minimo, fino a 71 anni). 

Un ottimo esempio di investimento in sussidiarietà e partecipazione sempre più attiva dei privati.

Domani si va a fare la TAC per il polmone. A pagamento. 

lunedì 6 febbraio 2023

Globuli bianchi in attesa del 14 (non 13)

 ...fuori norma. Il marito della mamma è allarmato, lei non mangia quasi più niente, la gonna le cade con tutta la cintura da tanto che è magra.

Entrambe le cose sono compatibili con la polmonite la prima e la demenza la seconda, cerco di consolarlo.

Ma ho paura anch’io, pur se di tanto in tanto.

A tratti lei è dolcissima, a tratti del tutto bisbetica. Tra loro si becchettano per esasperazione, senza ascoltarsi e senza capirsi. Auff, ci manca solo questo. 

Già, perché il marito della mamma che mi chiama in aiuto per avere tempo per sé, poi si piazza accanto a noi e non si muove una volta su due. Ariuff.

Domenica quando sono arrivata sono venuti in cima alla scala che porta dalla metropolitana alla loro strada. Ero così felice di vedere la mamma che sventolava il braccio teso per farsi vedere.

Io cerco di imprimere nelle sinapsi della pelle e in tutti i neuroni del cervello la dolcezza senza nome del suo tocco, il tratto delle sue carezze lievi, sfiorate e lunghe. Quelle che conosco da sempre e il cui ricordo mi dovrà poi bastare fino all’ultimo mio giorno. Finché sarà in grado di farmele, immagazzino.

Aspettiamo il 14 febbraio, non il 13, quando non c’era più posto. Ché poi, verosimilmente, la risposta sarà il 15.

Ho avuto la pace di cinque giorni lontana dall’ufficio. Domani mi tocca tornarci, e sono già stufa.


giovedì 26 gennaio 2023

« Non sono sicuro... »: aggiornamento

 «...che sia una nuova patologia». Il chirurgo è un omone dall’aria allegra e soprattutto calda. Ci riceve di corsa e di straforo in ospedale, su raccomandazione di un amico d’infanzia del figlio del marito della mamma (santo subito) in una stanza molto contesa, tra squilli di colleghi che lo sollecitano: «Sì ieri sera ho operato ma stanotte avevo le ossa che mi facevano male», spiega che « questa ragazza » ha un polmone quasi fuori uso ma potrebbe trattarsi del ritorno di un’infezione precedente che le ha lasciato delle broncoectasie che potrebbero avere provocato un ammasso di muco scambiabile per una massa tumorale.

E quindi le dà una terapia che somiglia alla mia, per un mese, al termine delle quali va ripetuta una TAC con mezzo di contrasto.

Quando cerchiamo di pagarlo rifiuta categoricamente: «No, io non mescolo il privato con il pubblico», suscitandomi una risposta di approvazione incondizionata dato che è anche il mio lavoro, sia pure in un diretto settore e la penso esattamente come lui. Mi lancia un’occhiata e al momento dei saluti mi stringe la mano a lungo, con tutta la forza della sua stazza e del suo mestiere.

La mamma ci fa dannare per prendere le medicine perché lei sta benissimo e sono tutte nostre fissazioni, ma cercheremo di tenere duro.

La mia sensazione, anche se lui non vi fa mai cenno direttamente, è che una volta saputo di cosa soffre oltre al polmone, comunque non la opererebbe.

Tutto è rimandato al 13 febbraio.

Grazie a chi mi ha lasciato commenti affettuosi di sostegno che ci vogliono tutti, google, di cui sono sempre più stufa, complica tuttora rispondere: lo faccio qui. 

Per ora cerco di coccolare un po’ la mamma, senza pensare al dopo.


lunedì 16 gennaio 2023

Sospetto...

 ...cancro. La mamma, a un polmone.

Non avrei voluto esordire così quest’anno ma come si suol dire quando te le strappano proprio le parole.

Andremo avanti con gli accertamenti.

Il bello si fa per dire è che io glielo dicevo da anni che quel fischio nel respiro non mi convinceva. E lei a dire che non era niente: e non so se i medici, per risparmiare un esame al SSN, non le abbiano mai prescritto niente invitandola a non darci peso.

Mai fumato, ma la sua generazione nel fumo passivo c’ha passato due terzi della vita.

Ora lei non ha più molto da perdere, ma non so quale dei due scenari sia peggiore. Morire soffocata o morire per incapacità a svolgere le funzioni fondamentali della vita: mangiare, agire...

Insomma, spero di morire nel sonno senza accorgermene e sana come un pesce, come avvenne alla mia prozia bisbetica una notte di Pasqua.

E spero che non sia niente e che soprattutto lei qualunque cosa sia, non soffra. 

venerdì 16 dicembre 2022

Piangere al cinema

 Non mi viene mai. Due eccezioni: la fine de L’attimo fuggente, quando gli studenti, in un chiaro preludio del’68, salgono sui banchi molto determinati a difendere il loro insegnante e la propria curiosità intellettuale e di vita opponendosi alla brutale e ottusa dirigenza del college, e la fine de Il caso Spotlight, quando i camion carichi delle copie del Boston globe partono per diffondere nelle edicole il numero del giornale dedicato alla copertura data dalla santa madre ai preti pedofili durante almeno la seconda metà del XX secolo.

Sono entrambi due finali e non sono del tutto negativi, anzi, sono liberatori. Sono anche due immagini di rivolta e ribellione di gruppo e vincenti all’ingiustizia e all’oppressione.  

Abito a poca distanza dalla sontuosa basilica dove Woytila, si’, il caro santo, accolse il cardinale Law dopo che lo scandalo lo forzo’ a lasciare Boston, dandogli il titolo di Santa Maria Maggiore. La chiesa è magnifica, ma entrarci richiede uno sforzo.

mercoledì 7 dicembre 2022

S

 Sono un po’stanca.

Tipo un uovo caduto da crudo su un piano più duro.

Il mancato scatto di stipendio rinviato sine die mi ha molto abbattuto: volevo iniziare le pratiche del trasferimento subito dopo e invece non ci sono prospettive.

Poi arriva la polmonite.

Il braccio tirato d corde taglienti come acciaio.

Gridare di dolore per infilare un maglione, io che stupivo un intero studio di FKT per la mia soglia altissima del dolore. Dolore tutto il giorno in qualsiasi posizione, sotto cortisone.

La prospettiva di restare nello stesso posto in perpetuo.

Sentirsi esausta per il minimo sforzo fisico.

Non respirare, spenzolarsi fuori dalla finestra per trovare aria.

Vedere ogni tentativo faticosamente perseguito e cercato di migliorare la mia posizione lavorativa ed economica svanire a un passo più senza orizzonte.

Esser sull’orlo delle lacrime senza avere l’energia di piangere.

Il marito di mia madre che mi incalza ogni giorno, velenoso e letale, facendomi sentire un mostro degenere: « Quanti giorni di malattia ti hanno dato ancora? » perché devo precipitarmi là con un’ora e mezzo di metro come se fossi fresca come una rosa a portare in giro mia madre fuori di casa perché lui non la sopporta più tutto il giorno, ai miei parenti non vuole chiedere niente perché non gli garbano, mentre io riesco a fatica a camminare per cento metri e anelo a qualcosa di bello fatto in modo calmo e che ristori me, anzitutto e non perché tirata da un altro. Badante no, eh, sia mai! Io voglio bene a mia madre. Desidero passare del tempo con lei. Magari portarle un dolce fatto in casa. Programmare la decorazione dell’albero di Natale che lei ama fare come quando ero piccola e farlo insieme. Ma non sopporto di essere considerata da suo marito una turnista da sollecitare con aria scontenta perché non risponde presente ogni minuto in cui non lavora non perché ci sia un’urgenza, ma perché lui non ha voglia di chiamare un aiuto neanche qualche ora a settimana. E adesso, dopo cinquantaquattro giorni di malattia, ho bisogno di riprendermi anche facendo qualcosa solo per me stessa. Eppure mi ha vista cadere quasi per terra poche settimane fa!

Mi sento spegnermi e vorrei tanto ridere.  

Mi hanno chiesto un articolo per una bella rivista: non riesco neanche a connettere un germe di proposta. D’accordo per me il tema libero è sempre stato difficile, ma qui va oltre.

E quest’anno sono in Italia per la prima volta dal 2009 non posso nemmeno ascoltare l’inaugurazione  della Scala perché in casa mia radio 3 non prende e non essendo abbonata alla TV che neanche possiedo non mi connetto su internet. Boris non è certo tra le mie opere preferite ma l’avrei ascoltato lo stesso, non fosse che dopo le follie di questa primavera in cui si volevano censurare gli autori russi e chiunque ne parlasse, andrebbe mandato a reti unificate per tre mesi. L’interruzione di questa bella tradizione mi infastidisce parecchio, mi avrebbe distratto.

Non ne posso più.

Aiuto.

sabato 3 dicembre 2022

Corona e lucette

 Per la prima volta ho comprato una corona natalizia. Cinese, ovvio, ma piuttosto di bell’apparenza. Verde, palline rosso satinato, foglie dorate. Per anni ho sognato di farla da me, amerei creare composizioni e decorazioni naturali e naturalmente profumate, ma con mio gran dispiacere non ho mai trovato gli arnesi giusti per fissare i rami e i frutti. 

Avevo voglia di uno sbrilluccichio e di festa, di Natale mentre il diluvio non si arresta e io sono chiusa in casa con la polmonite - in via di risoluzione apparentemente - a lottare contro le regole dell’INPS (dipendenti pubblici sospetti anche nel fine settimana, guai se ti viene sonno durante tutto il giorno e sei da sola) e l’ottusità sul lavoro da dove con malcelata soddisfazione ti comunicano che i turni che hai chiesto e che poi saresti la sola a fare senza togliere niente a nessuno “non si possono dare per contratto” vale a dire un regolamento interno contorto e malfatto dovuto alla mediocrità incapace, cavillosa, insicura e presuntuosa della dirigenza. Dio come detesto fino alla nausea la meschinità stizzosa che si crede fuuurrrrbaaa e che per sua essenza sa controllare solo sulle quisquilie stupide. Cipolla dove sei.

Come nel lockdown quando non ero malata, sto molto meglio fuori di lì. Stavolta sono malata sul serio e soddisfatta comunque di stare lontano da quel luogo, mezza scassata e squassata dalla tosse, dolorante da urlare letteralmente nelle articolazioni, ma preferisco ancora così al dover stare in quel luogo da dove non posso andarmene perché un trasferimento non me lo concederanno mai. Gli servo sottoinquadrata, sottoutilizzata, ogni avvenire precluso, ma guai se chiedo di andarmene, come tutti quelli che si trovano nella mia situazione, non è una questione personale, anche se l’episodio odierno rappresenta una soddisfazione meschina e malcelata da parte di qualcuno perché sono stata malata piuttosto a lungo e quindi faccio stridere l’insieme complessivo. Che spreco, prendersela con una malattia di qualche settimana per poi non darmi i mezzi per lavorare quando ci sono e vorrei agire come dovrei e so fare. 

Non ho la forza di articolare ragionamenti più complessi, ma sono convinta che questo punto sia cruciale.

Poi ci sono le lucette cinesi comprate il primo anno che sono arrivata qui. Sono un globo rosso che emana una luce rasserenante e assolutamente infotografabile da accesa senza fare discoteca equivoca, mentre dal vivo è molto dolce e calma. Ieri sera dopo gli spiacevoli scambi di cui sopra mi sono rasserenata cenando solo alla sua luce. 

Oggi ho spedito via PEC (ansia!) un’altra domanda di concorso, uno dei pochissimi adatti che escono, un solo posto ovviamente già assegnato a qualche precario o facente funzione da anni. Già, perché ormai i concorsi di un certo tipo sono in realtà sanatorie di situazioni distorte durate per lustri, il che rende impossibile agli esterni partecipare con qualche speranza. Non si dovrebbero semplicemente creare situazioni del genere: se c’è bisogno di un profilo lo si cerca regolarmente con concorso, senza aprire posizioni che poi andranno sanate. Già, ma siccome mammà UE dice che bisogna ridurre il numero dei dipendenti pubblici e tutti in coro a applaudire e fustigarci, o a fare tante belle aziende in house o rivolgerci a “gli operatori economici” degli schiavi, anche le amministrazioni più serie spesso non hanno altra scelta che bloccare per anni le carriere dei non più giovani e non aprire mai veri posti di lavoro di livello appropriato agli esterni. Solo che io sono stanca. La situazione della mamma e ancor più la pressione continua di suo marito, che aspetta il week-end quando io sospiro per tirare il fiato, per piombarmi addosso come un avvoltoio perché io lo dedichi a lei, mi stanno prosciugando totalmente e il lavoro non è di alcun aiuto per staccare da questo pensiero. Io rimango senza risorse per concentrarmi davvero su qualunque cosa, dai compiti casalinghi agli hobby allo studio e alla scrittura che avrebbero bisogno di tempo, concentrazione e tranquillità. Ho pensato che questa malattia fosse una vacanza che il mio corpo o meglio ancora il mio spirito mi imponeva perché razionalmente e logisticamente non ero capace di dargliela da anni. Ma il dolore fisico è stato ed è così forte da impedire una reale distensione.

Devo solo trovare la forza fisica e mentale di studiare, mentre non riesco neanche a riordinare la casa per il dolore alle braccia. Se non altro mi sarò riposata un po’. 



Che brutte foto, se non altro perché dietro c’è il bordello. Auff. Torno ad abbattermi sul letto.