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Toulouse en érasmienne

venerdì 20 agosto 2010

Non mi parlate più di produttività, flessibilità e liberismo, razza di ipocriti!

Pirataggio dei peggiori. Sto violando tutti i cpyright del mondo e per di più con un made in USA. Non mi salverà niente se non il fatto che questo blog non ha lettori. E' nascosto nel profondo da questo solo fatto.
Il corpo del reato è questo articolo che avrei tanto voluto linkare come fanno le persone perbene, ma che in questo caso non sarebbe più visibile tra una settimana. E il suo contenuto non lo merita.

Eccolo qui.
Il solitario di Ponzi
Leggere i giornali oggi può essere un'esperienza sorprendente. Il 26 luglio scorso i quotidiani statunitensi riportavano due storie alquanto contraddittorie. Il primo articolo di attualità di Usa Today riferiva sul rapporto trimestrale degli economisti. Il titolo recitava: «L'ottimismo degli economisti svanisce». A quanto pare la combinazione di «confusione in Europa, insignificante crescita del lavoro, mercato immobiliare debole e rallentamento nella produzione industriale» rende assai improbabile che gli Stati Uniti possano recuperare gli 8,5 milioni di lavori persi, salvo che «in tempi geologici». Inoltre temono «l'instabilità finanziaria globale».
E dunque, comprensibilmente, non sono ottimisti. Si potrebbe affermare che l'ottimismo congenito degli economisti in merito al mercato mondiale abbia finalmente toccato il duro fondo roccioso.
Alcuni di noi erano arrivati a questa conclusione già da un pezzo. Ma allora com'è possibile che, proprio lo stesso giorno, il New York Times sia uscito in prima pagina con un commento sul «balzo verso l'alto dei profitti» delle industrie statunitensi?
Anche per questo interrogativo la risposta è nel titolo: «Le industrie ottengono un balzo dei profitti da tagli più radicali». Non è che le industrie stiano vendendo di più, anzi al contrario vendono di meno. Ma hanno tagliato i costi, ovvero hanno licenziato gli operai. Hanno scoperto che, se licenziano un buon numero di operai e fanno lavorare più duramente quelli che rimangono, forse vendono meno ma hanno comunque maggiori profitti. E questo si chiama un «trionfo di produttività». Ethan Harris, capo economista alla Bank of America Merrill Lynch, è stato sincero in merito: «Le aziende riducono i costi della manodopera per costruire i profitti».
Comunque, come fa notare il NYTimes, il risultato è che «i benefici vanno per lo più agli azionisti e non all'economia in generale». E le industrie non pensano a questa come a una soluzione temporanea. Infatti, anche se le vendite migliorano non intendono assumere altri lavoratori. Al contrario, secondo le dichiarazioni di un dirigente di una grossa azienda: «L'ultima nostra preoccupazione è quando potremo tornare ad assumere fino alla piena occupazione». Piuttosto, stiamo «riconfigurando l'intero sistema operativo per una maggiore flessibilità».
Dunque le industrie statunitensi (e anche le industrie nel mondo) hanno trovato la panacea che permetterà loro di espandere i profitti all'infinito, anche nel futuro? Ma vogliamo scherzare? Negli Anni Venti del secolo scorso, Henry Ford era famoso per pagare i suoi operai più della norma perché, diceva, voglio che siano miei clienti. I suoi successori alla Ford oggi hanno ridotto la forza-lavoro nordamericana di più del 50 per cento nel corso degli ultimi cinque anni. Più profitti ma meno acquirenti.
C'è il piccolo problema di quello che Keynes e Kalecki scrivevano sulla domanda effettiva. Secondo qualsiasi previsione a medio termine, se non ci sono abbastanza acquirenti non ci saranno abbastanza vendite e ben presto i profitti si prosciugheranno. Le industrie che aumentano i profitti riducendo la forza-lavoro e spremendo quella che gli rimane sono destinate a vedere un balzo dei profitti solo nel breve periodo, prima di andare a sbattere il muso contro il muro della deflazione grave. E crollare. Possibile che non lo capiscano? Di certo alcuni lo capiscono ma si regolano in base al principio edonistico del carpe diem: mangia, bevi e stai felice, che domani potresti morire.
Si potrebbe chiamare il «solitario di Ponzi». Nei tipici schemi di Ponzi, l'operatore inganna gli altri fino a che il castello di carte non crolla, come è successo nel caso di Bernie Madoff. Nel solitario di Ponzi inganni te stesso fino al momento in cui crolli. E proprio come in un normale schema di Ponzi gli investitori (vittime potenziali) sperano che il crollo avvenga solo dopo che hanno incassato i loro profitti, così quelli che fanno il solitario di Ponzi (i dirigenti industriali) sperano di poter scappare con i loro profitti personali prima che tutta l'industria crolli. Auguri!
(traduzione di Maria Baiocchi)
Copyright di Immanuel Wallerstein, distribuito da Agence Global.
Apparso sul Manifesto di giovedì 19 agosto 2010.

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