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venerdì 11 febbraio 2022

L’Italia privatizzata e digitale

 Il Poligrafico, come mille altre cose, è stato sciaguratamente privatizzato nel corso degli anni, malgrado l’opposizione dei suoi lavoratori, in omaggio alla mirifica economia di mercato che avrebbe dovuto risolvere tutte le patrie storture con la vendita dei « gioielli di famiglia ». Ah, l’amato Prodi!

Pare che gli efficientissimi, per le loro tasche, privati, ignorino che si possono programmare gli invii online alla mezzanotte del giorno per cui sono previsti.

Da ieri serpeggia un’ansia sotterranea nelle mie vene. Stanotte mi sveglio alle quattro meno un quarto: ci sarà già? Apro, controllo, macché. Stamattina alle otto meno un quarto, apro, controllo: macché. Dall’ansia mi sbaglio: vedo un 11 che scambio per la data, invece è un numero d’ordine, la scorro tutta, ovviamente non c’è.

Scommettiamo che prima delle dieci non se ne parla?

Ah, le privatizzazioni non sono un risparmio né per le generazioni presenti né, questa poi, per le future. Sono un introito in meno per lo stato, altrimenti nessuno se li sarebbe comprati, aziende e enti. E qualsiasi cosa sia volta dal servizio al profitto diventa una fatica in più che deve subire il cittadino, e per il cittadino più povero ancora più dura, non un vantaggio. Bella la retorica degli anni ‘90. Bella la ciancia dell’inclusione degli anni Venti.

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