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venerdì 27 aprile 2018

Scrivere e no

E Primo non leggere.

Per me era innanzitutto l'autore di due stupendi libri, stupendi prima di ogni altra valutazione più razionale e compiuta. E della prefazione a un altro fondamentale libro, in cui giustamente inveiva contro un funzionario ministeriale che per commemorare l'invenzione della stampa aveva pensato bene di sbrigarsela con un opuscolo intitolato "Libro e uomo".
Tutto il peggio della incultura italico-democristiana, tutta la democrazia incompiuta del nostro soffocante paese si legge in controluce in questi suoi libri.
Oggi pirato questo testo troppo breve di Luciano Canfora dal Corriere della Sera.
Molto triste.

«Illustre signor presidente, con questa lettera le invio le mie formali dimissioni da membro della Medieval Academy of America (…). Le mie convinzioni politiche e la mia stessa coscienza mi impediscono di continuare ad avere una qualsiasi forma di rapporto con l’America ufficiale. Oggi, agli occhi dei miei compagni di lotta e della stessa opinione pubblica borghese di ogni Paese d’Europa e del mondo, gli Usa, il loro presidente, la loro classe dominante appaiono come la vivente reincarnazione della Germania fascista, del suo feroce capo, della crudele e assurda gerarchia nazista. (…) Oggi è giusto troncare ogni rapporto con gli Usa che, nell’uso spietato della forza, nel massacro generalizzato di un popolo, identificano i propri principi e regole di comportamento». In piena guerra degli Stati Uniti (presidenza Nixon) contro il Vietnam, Armando Petrucci scrisse e inviò questa nobile e lucida lettera, apparsa sul «manifesto» del 22 dicembre 1972 e su «Belfagor» nel fascicolo di gennaio del 1973.
Era Armando Petrucci, scomparso il 24 aprile a Pisa all’età di 86 anni, non soltanto uno dei maggiori storici della civiltà scrittoria, ma anche una coscienza civile di rara coerenza. Virtù in estinzione. Riconosciuto come uno dei maggiori medievalisti e paleografi nel panorama mondiale, prendeva in tal modo le distanze da un ambiente, quello statunitense, che suole considerarsi largitore insindacabile di riconoscimenti di per sé gratificanti e perciò compratore a buon mercato di coscienze ambiziose.
Petrucci, che è stato per eccellenza «uomo del libro», aveva incominciato ventitreenne, nel 1955, come archivista di Stato, poi bibliotecario-conservatore dei manoscritti alla Corsiniana, quindi docente a Roma con breve parentesi a Salerno e dal 1991 alla Scuola Normale pisana. Lo spazio non consente di ripercorrere la sua vastissima produzione (in cui hanno un posto di rilievo le splendide voci per il Biografico degli italiani) e perciò si impone che io dica qui il senso profondo e durevole del suo generoso insegnamento. Lo si potrebbe, a mio avviso, cogliere attraverso un raffronto dal quale egli esce vincente. Nel celebre saggio Paleografia quale scienza dello spirito Giorgio Pasquali impresse una svolta epocale ad una disciplina, la paleografia, soffocata dal tecnicismo. Fu una svolta che ricompose l’assurda frattura tra paleografia e critica testuale, giovando ad entrambe. Una svolta necessaria e, si potrebbe dire, aristocratica: feconda di effetti all’interno di una res publica di eccelsi artigiani della critica. Petrucci, uomo non incompiuto o a sviluppo parziale come tanti accademici pur capaci, uomo in cui studio (e di quale livello) e intelligenza storica (e perciò politica) si fondevano e alimentavano a vicenda, andò molto più avanti. Per lui, storia del libro, storia della scrittura e della diffusione contrastata e problematica di quello strumento che continua a rivoluzionare il mondo, divennero storia sociale in senso completo: storia dell’analfabetismo e lotta per le biblioteche da ultimo inselvatichite da nuove tecnologie escludenti e banalizzanti (fu strenuo difensore dei cataloghi a scheda, beni culturali essi stessi). Dei suoi libri vorrei ricordare: Scrivere e no (Editori Riuniti, 1987); Primo: non leggere (Mazzotta, 1976); Scrivere lettere, una storia plurimillenaria (Laterza, 2008), dei cui capitoli citerò solo «L’epistola come orazione», «Scriversi nel moderno», «Dall’epistola barocca alla sobrietà della lettera borghese (1583-1789)». A sintesi e coronamento di un cammino lungo e coerente Petrucci aveva fondato nel 1977 una rivista dal titolo emblematico: «Scrittura e civiltà».

lunedì 5 giugno 2017

Quando l'informatica aiuta la lettura? - Aggiornamento del post precedente

Aggiornamento: l'esperienza di due domeniche fa ha confermato vantaggi e svantaggi di questo tipo di strumenti. Tra i vantaggi va posta senza esitare la possibilità di ricercare termini e nomi in testi lunghi privi di indici affidabili: bisogna pero' stare attenti e essere sicuri di conoscere tutte le varianti ortografiche adoperate per questi ultimi, il che quando si tratta di documenti non recenti è tutt'altro che scontato. Basta una doppia in più o in meno per neutralizzare il motore di ricerca interno, cosa che con un indice su carta opportunamente fornito di rinvii non accadrebbe. Inoltre il motore non sempre è un grado di leggere correttamente le ortografie antiche e quindi da' a volte risultati inesistenti o fantasiosi.

Svantaggi: son di due tipi.
I programmi di visualizzazione. Se si legge in .pdf è complicatissimo per un documento cosi' lungo riuscire a scorrere le pagine all'indietro, ad esempio. Ci mette un tempo infinito e molto spesso salta una pagina tra quella in lettura e quella che visualizzerà: generalmente salta proprio la pagina richiesta. Inoltre per motivi incomprensibili, il programma si chiude da solo su certe pagine (testato su due pc diversi).
Se leggi in kindle ma da pc, come faccio io, nove su dieci non te lo apre, o lo apre male, insomma si parlano poco. Inoltre non si riesce a usare la funzione "trova".
Se lo lasci sul sito di archive.org, come pure ho provato a fare, sfogliando le pagine, va bene finché vuoi fare una lettura "dalla prima pagina all'ultima" come fosse il romanzino del mese che non ti va di comprare su carta perché costa meno digitale. Va meno bene se ad esempio, hai cercato un termine o un nome che ricorre frequentemente nell'arco di poche pagine. I punti di segnalazione, ancora una volta esemplati sulle palette delle mappe google, si sovrappongono e non c'è verso di riuscire a individuare quali e quante siano le pagine giuste: rischi sempre di perdertene qualcuna senza accorgertene.
Inoltre non si puo' stampare.

Tutte cose che fanno perdere un sacco di tempo e di pazienza, ma pure di salute. Infatti e qui veniamo al secondo tipo di svantaggi, io trovo che la lettura da pc sia quanto di meno ergonomico esista. Il libro è un oggetto complesso, concepito e un tempo anche fabbricato per la lunga durata. Ha una sua ergonomia che mira al risparmio e alla comodità, fatto salvo ovviamente un uso di rappresentanza o tesaurizzazione che ha altre esigenze. 
La macchina oltre a essere constantemente energivora, richiede una postura molto meno modificabile e adattabile e per quanto sia ad alta definizione, questi  schermi sono splendidi ad esempio, stanca occhi e articolazioni molto più di un oggetto relativamente maneggevole e leggero su carta.
Insomma crea dolori, soprattutto se si usa in modo costante e quanto meno è moderna e ovviamente costosa, e si parla di migliaia di euro, pesanti sui nostri salari impoveriti da decenni di tagli, precarietà e disoccupazione.

Inoltre la lettura su schermo per me è deleteria perché non mi fa ricordare nulla. Lo schermo in sé unito all'imperativo di internet, stupido, ma commerciale, di leggere solo i primi dieci risultati (forniti da un indipendente e disinteressato motore, naturalmente) e di interagire per urletti e battutine, una cosa che i blog avevano per fortuna iniziato a ridurre, proponendo un ritorno alla scrittura che i social hanno distrutto a vantaggio della stupidità e del nulla assunti a suprema abilità comunicativa sotto il nome di spiritosaggine, ma cio' è un altro discorso, facilitano l'ansia di "andare avanti" e una lettura frammentaria, volante e superficiale di contenuti e ragionamenti che sono invece per loro natura distesi, articolati e complessi.

Puo' essere un grande vantaggio in certe discipline, per esempio, avere sottomano senza scollarsi dalla sedia articoli scientifici concepiti in maniera ormai sempre più standardizzata cui fa figo mostrare di saper aderire meglio degli altri, composti da una serie di quattro disegnini accompagnati da tre pagine di tessuto connettivo formato da parole, per concludere con una pagina di note: "Mi cita? chi cita?" è la tipica reazione pavloviana. Questo tipo di lettura (che puo' ovviamente proporre risultati validissimi, nel proprio campo, esattamente come vere porcherie) è assai favorita da programmi che permettono di visualizzare ad esempio le sole note o i soli grafici. Ma la formula di organizzazione del testo e di scelte di impaginazione, quindi di lettura, riflette solo la maggiore forza economica di alcuni modelli mentali legati a precisi campi di ricerca, non a tutti e non c'è nulla di più deleterio per le scienze umane che hanno altri modi e linguaggi, discorsi e tempi di riflessione e lettura. Si facilita cosi' l'uniformazione forzata su un solo criterio di elaborazione e fruizione di testi scientifici che tende a eliminare qualsiasi approccio diverso, proposto sempre più all'esecrazione sia pure garbata,  come mancante di rigore o peggio ancora di "modernità".

Morale: ho potuto individuare i passi che mi interessavano, a prezzo di tre quarti di giornata passati a sudare su come trattare con quella digitalizzazione: ma per poter dire di essermi realmente appropriata di quel testo ho dovuto aspettare il giorno dopo, andare in biblioteca e leggerlo sulla sacrosanta carta senza ammazzarmi il corpo oltre che la pazienza. 
Quello che è stato assolutamente insostituibile è stato l'indice automatico, anche perché conoscevo le varianti ortografiche: non avrei mai potuto leggere tutto il volume in tempo ragionevole. Allo stesso tempo, la scomodità assoluta di leggere online il contesto attorno ai passi citati avrebbe sicuramente facilitato una lettura parziale e superficiale, oppure domandato una fatica che pochi e non sempre sosterrebbero, per comprenderlo realmente.

Mi domando a questo punto se la lettura su schermo non stia diventando una lettura sostanzialmente per poveri, mentre la carta, che richiede tempo per accedervi, costi maggiori per acquistarla, spazio per immagazzinarla, anche e soprattutto in case sempre più esigue per il loro costo rispetto ai salari, spese di gestione rilevanti per le strutture collettive, non stia invece sempre più acquistando, dopo avere contribuito a diminuire il costo della produzione dei libri facilitandone la diffusione, le caratteristiche di un prodotto per ricchi.   

Quindi, per fortuna che esistono ancora le biblioteche aperte, in Francia, con orari anche serali, e con la distribuzione che non chiude nel primo pomeriggio e che non è limitata a un numero assurdamente esiguo di volumi, come in Italia. Cioè per fortuna che lo stato SPENDE per i SALARI  delle PERSONE ( non per i profitti delle aziende che impiegano precari!) che devono garantire questi SERVIZI sacrosanti, l'ACQUISTO dei libri necessari per rimanere aggiornati rispetto alla produzione editoriale, il MANTENIMENTO di strutture eccezionali e spesso BELLISSIME, dove studiare, leggere, imparare diventa più semplice perché il nostro corpo e il nostro cervello sono semplicemente, più SERENI.
Queste sono (alcune delle) cose per cui lo Stato, cioè tutti, DEVE spendere. Non risparmiare. Mai. 

domenica 7 giugno 2009

Esordio

Questo è:
Questo è il tentativo di far parlare una biblioteca tramite un blog.
Questo è il quaderno dei compiti di chi in questa biblioteca lavora e sta seguendo un corso: 23 faccende di biblioteca.

Le 23 sono nate negli Stati uniti, biblioteca pubblica di Charlotte e della contea di Mecklenberg, nel North Carolina. Il loro nome di battesimo sarebbe Learning 2.0 program . Le ha inventate Helen Blowers, bibliotecaria. Le 23 vorrebbero incuriosire e abituare chi lavora in biblioteca ad utilizzare le tecnologie interattive del web nel proprio lavoro. Con una licenza Creative commons hanno fatto il giro del[le biblioteche del] mondo.
Di settimana in settimana, per nove settimane, il blog di Pellegrina si confronterà con le 23.