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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

lunedì 19 agosto 2019

Le tocsin

Nous ne les reverrons plus c’est fini ils sont foutus. Cosìne La force des choses si ricorda la liberazione.
Agosto, primo mese d’autunno per il calendario celtico e mese di rivoluzione e di rivolte per Parigi. 4, 10, 17, senza dimenticare la terribile notte di Saint-Barthélemy.
Oggi è la data dell’insurrezione contro l’occupazione tedesca e nazista organizzata dalla Resistenza parigina a partire dall’edificio della Préfecture sull’Ile de la Cité. I suoi vicini più smaglianti lo fanno un po’ dimenticare, ma lui è lì, davanti la Sainte-Chapelle e la Conciergerie dove le italiane vanno a piagnucolare su una regina che non conoscono se non dai dimettono ammeregani di lustrini e cartapesta, e Notre-Dame ferita alle spalle, sotto i grandi alberi le nuvole e il vento di questa prima giornata d’autunno, la più bella stagione di Parigi.








sabato 17 agosto 2019

Ipse dixit

Un giorno qualcuno disse che i buoni libri hanno margini ampi. Come dargli torto?

venerdì 19 luglio 2019

Biblioteche, Francia


Avvertenza: blogger e google hanno deciso di non farmi più commentare sui blog, perché non riconoscono più il mio account né su questo né su altri, sia blogger sia WordPress, e quindi non posso nemmeno più rispondere a chi ha commentato il mio post precedente, né come Pellegrina né come anonimo. Rimangono attivi dio, cioè google sa perché, soltanto i commenti su un paio di blog che leggo da tempo, scelti in modo del tutto incomprensibile perché su altri, che leggo da più tempo ancora, è impossibile collegarsi. Misteri. Ovviamente l’assistenza non dà nessuna informazione utile, come nella migliore delle tradizioni, limitandosi a farti ripetere una sequenza di operazioni scontata e assolutamente inefficace, per poi chiederti se è servito.

Ciò detto, stamattina sprofondo come al solito in una delle infinite e meravigliose biblioteche di qui. Meravigliose perché ricche in collezioni eccellenti, perché ben tenute e perché funzionano molte ore al giorno, non limitandosi a darti un tavolo e una sedia scomode e mal illuminate, ma fornendo un servizio coi fiocchi di distribuzione dei libri. Di cui approfitto con un senso di sollievo, quando penso che in Italia, a Roma poi non ne parliamo, chiedere più di due libri per volta rappresenta un affronto da lavare con la cafonaggine alla sacra missione del Primo non leggere ricordata da Armando Petrucci e da Umberto Eco ormai diversi decenni fa.  
Stamattina avevo prenotato la mia solita pila, e adocchiato un posto che mi conviene, quello preferito è già preso, quindi bisognerà adattarsi, ma non c’è ressa (1), vado al bancone, chiedo il mio posto, prendo la prima metà della pila, la porto al posto e ritornando a prendere la seconda metà vedo l’addetto alla distribuzione che mi viene incontro a metà strada con il resto dei volumi. Cosa che non è assolutamente suo compito fare. 
Ecco, se mi chiedete perché amo questo paese con tutta l’anima mia, iniziare una giornata di studio cosi’ è una e forse la principale risposta.

(1) Su questo e altri divertimenti della vita quotidiana di studio, Arlette Farge, Le goût de l’archive, Paris, Seuil, 1997. Una traduzione italiana si trova qui.


sabato 29 giugno 2019

Les nuits de la saint Jean

Sono le notti mezza estate tenendo conto del calendario celtico per cui l’estate comincia il primo maggio e finisce il primo agosto. A quest’ora in Normandia il cielo ancora non è del tutto scuro. Si avvicina piuttosto al blu della scrittura delle Très riches, un tono da lapislazzuli ma più translucido e trasparente. Anche qui fioriscono cespugli di violetta lavanda e i prati prendono come sfondo la pietra sottile e chiara delle chiese. Il castello gode i venti del colle e la sua antica sala si indovina ancora dall’alto delle mura.
Sempre per via dei biglietti ormai costosissimi del treno mi sono alzata alle cinque per prendere l’unico a un prezzo meno caro, sono stata imbrogliata sui biglietti dell’autobus da un asiatico che ha rilevato una tabaccheria prima tenuta da un venditore gentilissimo, poi ho incontrato un autista squisito dell’autobus che mi ha  indicato la sede dell’azienda dei trasporti dove farmi rimborsare dei vecchi biglietti non utilizzati. Adesso potrei attraversare la città in lungo e in largo senza problemi. Appena trovata alla stazione scoppio a ridere: « Spiagge chiuse a causa del caldo » proclama un giornale locale. In questi giorni sono tutti stremati e balbettanti, ma non si sta poi così male. Chiudono le biblioteche, chiudono alcune sale delle biblioteche, gli archivi, i direttori dei grandi enti mandano lettere in cui si raccomanda di non sovraccaricare il personale e lasciarlo lavorare a suo ritmo! In metropolitana di raccomandano di bere e mangiare, rinfrescandosi. Tutto molto encomiabile, se non fosse che ad esempio, le fontanelle sono state estirpate da tutta Parigi, i vestiti di cotone e lino di un tempo sostituiti da poliestere e viscosa, le scarpe di cuoio aperte da scarpe da ginnasti a chiuse e soffocanti. Il mercato fa di tutto per spingere a una vita quanto mai malsana ma favorevole a propri profitti, il pubblico si appella a un senso malinteso di responsabilità individuale scaricandosi dal compitosi rendere  possibile una vita sana e responsabile regolamentando l’organizzazione del contesto in cui vivono gli individui. In tutto questo resistono ancora antiche sacche di consapevole servizio pubblico, come l’autista, l’azienda dei trasporti o gli addetti dell’archivio che mi vanno a cercare le buste in cinque minuti perché devo partire. Meglio ancora, stasera ho incontrato due neolaureati che hanno appena vinto il concorso per maestri elementari. Volevano questo, hanno forse ventiquattro anni, l’anno scorso non ce l’avevano fatta, quest’anno sì. Hanno una lavoro dignitoso, una prospettiva davanti e guardano con un po’ di ansia e molta voglia all’indipendenza adulta che si prepara. Nessuna posticcia « responsabilità individuale » in Italia gli avrebbe mai permesso di avere questo. Per non parlare di chi appena finita la tesi di dottorato ha la pubblicazione e un contratto di un anno per aiutarlo a prepararla e poi verosimilmente un posto a meno di trent’anni.
Quanto durerà tutto questo? Non si sa, hanno votato un presidente venuto apposta per eradicare questa civiltà e che no ha nascosto mai di volerlo fare. Stanno privatizzando l’energia, gli aeroporti e la lotteria pubblica, stanno lanciando dei programmi folli di speculazione edilizia in città già soffocate dal cemento come Parigi e Lione, abbassando i soffitti delle case, rimpicciolendo le finestre creando celle di alveari al posto delle case luminose e ariose della fine del XIX secolo. Vedere il paese che amo distruggere la propria civiltà e quanto aveva di migliore senza che nessuno lo obblighi a farlo se non la propria inconsapevolezza è straziante. Questa gente si merita di meglio della paccottiglia liberista ed europeista.

mercoledì 5 giugno 2019

Un brutto giorno

Inizia proprio male malissimo. Stanotte alle 2 arriva un messaggio mentre sto dormendo, speravo di essere riuscita a affittare la mia casa per un mese, perché ne avevo davvero bisogno, invece niente ed è un bel problema, economicamente una mezza catastrofe, per di più detto all’ultimo momento e per di più con il rischio di avere provocato un equivoco senza volerlo, il che non è mai un bene rispetto ai propri contatti.
Stamattina arriva invece una malefica zanzara che mi pizzica due volte svegliandomi prima dell’alba, perché il padrone di casa ha un sifone tappato in cortile che non si decide a aggiustare e le larve prosperano, poi vengono da me che ho la pelle più tenera, si vede.
In più rogne di salute mi impediscono di fare attività fisica e rimanere in forma.
E oggi giornata pienissima con tanto di incontro alla fine. Ieri mi sembrava di avere lavorato bene in tutti i sensi, oggi avrei dovuto concludere una tappa importante, e invece colpo di sfortuna depressiva.
Le preoccupazioni economiche ammazzano in tutti i sensi, non c’è nulla che sia peggio né più difficile da superare.
Il resto sono chiacchiere.

Aggiornamento: e quando ho scritto questo non avevo letto i giornali da due giorni. Siamo in mano a degli Tsipras di second’ordine. Dalla Ue, com’è ovvio per tutto cio’ che è merda e nient’altro che merda, regaleranno tutto il peggio del sottogoverno purché vengano distrutte pensioni e sanità. 
Non è rimasto neanche il sole, qui diluvia e fa sedici gradi.
Il giorno non è brutto, è orrendo.

Aggiornamento dell’aggiornamento: dal lavoro in Italia notizie di grandi sommovimenti, in atto da tempo ma annunciati con tre giorni di anticipo ai soli che non lo sapevano, vale a dire ai principali interessati dal sommovimento medesimo.
Prima conseguenza diretta: posso scordarmi che la mia graduatoria scorra.
Seconda: posso scordarmi dei contributi decenti, li abbiamo regalati a chi per quindici anni ci ha fatto i contratti para subordinati forzati, la partita IVA forzata, è diventato competitivo grazie all’evasione legalizzata degli oneri contributivi, permessa dalla legge Prodi-Treu e incoraggiata dalla svalutazione interna imposta dalla UE. E ora riformano le pensioni perché il loro ammontare ci faccia morire di stenti o ci facciano venire voglia di ucciderci con la morte di stato prima di diventare troppo costosi per il sistema privato. Come aveva già spiegato candidamente la presidente del FMI Lagarde.
Terza: posso scordarmi qualsiasi soddisfazione e autonomia professionale per tutti i lustri che ancora  mi attendono.
No, non vi daro’ la soddisfazione di abbreviare la mia vita di un solo minuto secondo, farabutti. Che siate maledetti per l’eternità.

Il giorno non migliora e oscilla tra farsa e tragedia.

Aggiornamento dell'aggiornamento dell'aggiornamento: con le premesse di cui sopra dopo un pranzo con Nicolas che ritorna negli USA a tagliare uniformi carico di torte e pacchetti firmati Dior, il quale mi consola come può delle mie vicissitudini lavorative - come prendono un'aria compunta gli USA quando gli spieghi i tuoi guai non c'è paragone - scappo una misera ora in biblioteca prima della chiusura. Buttata fuori dalla biblioteca arranco verso la prima delle due conferenze in programma. Attraversando le gallerie verso l'auditorium faccio appena in tempo a bearmi del fascino che esercita sempre su di me un gruppo composito per età, ruoli e sesso intento a discutere dei più inverosimili argomenti che gli passino per il capo con intensità e passione che scopro di avere clamorosamente sbagliato settimana.
Due ore di attesa componendo un commento su internet che non riesco a postare, perdendolo, e corro al métro che mi porta alla presentazione di un libro. Devo cambiare a una stazione che detesto perché è grandissima e si perde un'infinità di tempo, mi forzo, scendo e scopro che la fermata della linea che mi interessa è chiusa per lavori. Aspetto la nuova corsa del métro, lo riprendo, scendo a una fermata più avanti dove c'è una seconda coincidenza, attraverso tutti i sotterranei di Parigi e acchiappo l'altra linea.
Non dite: "potrebbe piovere", diluvia da stamattina.


P.S.: Da questo momento in poi tutto andrà bene: mi inerpico felice sulla collina, entro in libreria, tutti sono già seduti e ascoltano un grande avventurarsi fuori dal suo terreno per applicare l'approccio e i metodi del suo ramo all'analisi del presente di questo paese. Mi nota entrare e quasi mi sorride, cominciando a citare Sciascia. Alla fine mi si avvicina, mi porge la mano e si dichiara felice di avermi visto. Mi fa una dedica per me commovente e spera di rivedermi a un paio di convegni. 
La notte sognerò di cadere dal tetto della mia casa italiana, restando sospesa tra il parapetto e il cornicione. Il sogno si interromperà e riprenderà avvolto da un paesaggio di ghiaccio, mentre mi dico che devo assolutamente trovare una picozza per rimanere aggrappata alla neve. Alla fine con uno sforzo inconcepibile riesco a sollevare un ginocchio fino al bordo del cornicione, mi appoggio, mi tiro fin sul tetto, in salvo.
Ma al sicuro?

lunedì 13 maggio 2019

Parigi val bene una palestra

Questa città ha la perfezione, tranne per due cose: il gelato e le pendenze. Si’, lo so, qualche butte sparpagliata qua e là c’è, ma insomma, anche uscendo fuori porta non è che si possa improvvisare un’escursione decente con andata e ritorno in giornata. Le campagne francesi e in particolare quelle dell’Ile de France sono bellissime, quando non le deturpano con un accanimento degno di miglior causa e la Francia è un paese rurale anche se non sembra. Non per nulla uno dei momenti cruciali dell’anno è la fiera dell’agricoltura che consiglio a chiunque passi di qui di visitare se viene nell’ultimo fine settimana di febbraio. A livello nazionale i contadini hanno visibilità in Francia, se ne parla, sono un attore sociale come altri, diversamente che in Italia, dove non esistono a livello pubblico. Si parla se mai di prodotti « i pomodorini », « l’olio d’oliva » « le mozzarelle », « il vino », come se si facessero da sé, senza intervento umano. Per trovare qualcosa che ne parlasse devo risalire a quando vivevo a Vercelli, dove c’è una fiera importante di prodotti per l’agricoltura. Sgranai gli occhi quando lessi sul giornale locale in prima pagina di famiglie che andavano in gruppo a provare i trattori. Ovvio, mi dissi poi, è lo strumento di lavoro di tutti. Un pezzo di realtà che non mi era mai stato presentato, benché in campagna ci andassi anche in altre regioni. Qui gli agricoltori sono riconosciuti come parte del corpo sociale, articolata al suo interno ma sempre circondata da considerazione e apprezzamento per i risultati del loro lavoro, che spesso alimentano il commercio di lusso. Il cinema e la televisione ambientano le loro storie nelle campagne, ovviamente più mitizzate che realistiche, ma comunque esistenti. Non vado molto al cinema in Italia, ma da noi non riesco a ricordare più di un: « resti di un’Italia contadina che non serviva più a nessuno » a proposito dei morti innumerevoli raccontati in Vajont da Marco Paolini.

Con tutto cio’ un minimo di dislivello decente con cinque ore di cammino qui non si trova.
Morale sono stata obbligata, pena paralisi, a iscrivermi a quel luogo alienante che è per me la palestra. Alienante per le condizioni in cui oggi vengono concepite: rigorosamente sottoterra, rigorosamente con la luce al neon, più o meno variopinta non importa sempre uno strumento di tortura è, e soprattutto tonitruanti di musica criminosa. Poco da fare, per chi scrive qui l’elettrificazione e l’amplificazione sono delitti aggravati dall’efferatezza. Inquinamento acustico al plutonio. Soprattutto per chi vorrebbe soffiare in santa pace accompagnata al più dal discreto sospiro del clavicordo, se proprio non si possono avere le brezze delle cime. Virginale quando vogliamo esagerare.
Il culmine della frustrazione e dello stress, tanto più che le attività concessemi sono molto poche.
La cosa che meno mi convince è il ritmo tutto scatti e strappi e sforzi, invece dei tempi lunghi e degli sforzi prolungati e regolari che lasciano il tempo di interagire con l’esterno anziché rinchiudersi nell’ossessiva ricerca della prestazione cronometrata. 
Adesso capisco perché i miei venti chilometri a piedi colpissero i frequentatori di palestre come fossero un’impresa straordinaria invece che la routine, quando non c’è pendenza.  

sabato 4 maggio 2019

Un ministro della repubblica...

... non apostrofa i cittadini dandogli il nome di un parassita di cui ci si libera solo uccidendolo, signor Salvini. Neanche quando sono molesti, cioè protestano. Soprattutto quando sono molesti. Soprattutto quando protestano. Anche se non si è d'accordo. Soprattutto quando non si è d'accordo. Anche se usano metodi discutibili. Soprattutto quando usano metodi discutibili. E nemmeno, capisco che sia ancora più difficile da capire, li tratta con condiscendente paternalismo, raccomandandogli l'una o l'altra dieta, paragonandoli a esseri bisognosi di tutela familiare perché protestano.

Men che meno li si apostrofa servendosi del gergo che loro riserva già una parte politica molto precisa, quella più vicina, probabilmente, a un partito di cui la Costituzione, su cui lei non ha certo dimenticato di avere giurato, proibisce la ricostituzione nel nostro paese, in ragione dei disastri, dei massacri e della lacerazione civile che ha provocato in Italia e esportato in mezzo mondo.
Perché, non è difficile da capire, oltre al peso generale che questa scelta lessicale comporta, significa spalancare le porte a chi quel gergo usa, giacché sottintende di sposare appieno la definizione e la valutazione della realtà e degli attori sociali date da quella precisa parte politica, con tutto ciò che ne consegue.

Perché, al di là di questo, denota, nella sua figura politica, una singolare debolezza argomentativa e retorica che non giova alla sua immagine né al prestigio del suo ruolo istituzionale. Non è un segreto che lei abbia puntato molto nella sua carriera politica sulla reputazione di grande comunicatore. Purtroppo non è quello che si è visto all'opera in questa occasione, anzi. 

I cittadini non sono sudditi, non sono servi della gleba e non sono esseri di limitata autonomia. Hanno la sua stessa dignità e lei è lì per garantirla, non per sminuirla. A quello ci pensa già la UE, nel caso non se ne fosse accorto, ultimamente.   

Non importa quale contesto temporale o congiuntura più o meno opportunista possano averle dettato quelle parole. Sono sbagliate e inquietanti, quindi doppiamente sbagliate. E basta.