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Toulouse en érasmienne

lunedì 11 aprile 2022

Senza titolo perché non mi viene o forse cos’è Macron

 Passare due ore tra le tre e le cinque del mattino rivoltandosi nel letto alla quasi vigilia di un esame fondamentale - e su cui non ho più molte speranze, avrei avuto bisogno di molto più tempo per affrontare materie che non ho mai studiato - non è la cosa migliore che si possa fare.

Ho notato che mi accade spesso quando ho qualcosa da dire e non lo faccio; per cui, sperando di avere capito bene quale sia la causa di questa irrequietezza, scrivo un paio di osservazioni banali sulle elezioni presidenziali in Francia, mentre si scalda l’acqua per la borsa notturna (altro che un maglione in più), sperando di poter poi recuperare qualche ora di sonno tranquillo e poter studiare meglio.

Prima cosa fondamentale: le elezioni sono le loro e hanno quindi tutto il diritto di votare per chi meglio credono, e ancor meglio farebbero politici italiani e no a rispettare il principio di sacrosanto buonsenso della non ingerenza nelle scelte politiche altrui. Questo sdottoreggiamento ancora una volta declinato nei toni della più stucchevole emotività irrazionale e generica, che diffonde allarmismo senza mai dare elementi precisi di riflessione né analisi minimamente approfondite e razionali delle cause e dei processi scatenanti diverse scelte, ha veramente oltrepassato qualsiasi livello di sopportazione. Le persone votano e possono anche non votare come volete voi: va accettato e se del caso combattuto allo stesso livello, astenendosi da paternalismi e moralismi perché non è semplicemente il caso.

Questo per politici trolletti e media di casa nostra.

Per quanto riguarda i Francesi sono un popolo che tende a dare fiducia alle parole altrui molto più di quanto non accada qui. E di fatto sono generalmente affidabili. L’obnubilazione che si prendono ogni volta che parla l’attuale presidente però ha dell’inverosimile. Perché costui cos’era e cosa avrebbe fatto e farà glielo ha sempre detto chiaramente in faccia. La casse du code du travail sotto Hollande, omologa di quelle che da noi ha iniziato Prodi - no, che dico? L’amato Prodi! - l’ha cominciata lui, da ministro dell’economia e l’ha portata avanti pestando di santa ragione chi protestava. I suoi metodi brutali sono conosciuti da tutti. Nel 2005 un tentativo di introdurre misure simili a quelle di Prodi era stato respinto da studenti e sindacati di tutti i ceti che si erano ritrovati in piazza fino al ritiro del progetto di contratto di primo impiego, preludio alla precarizzazione definitiva di tutti i rapporti di lavoro. Ciancia di uguaglianza ed è stato un banchiere d’affari dei più disinvolti. La riforma delle pensioni contro cui si è battuta mezza Francia ha già detto che in un modo o nell’altro andrà fatta perché sì, cioè perché riducendo le prestazioni sociali sarà conveniente per i privati rilevarne la gestione; e la privatizzazione di tutto ciò che è pubblico, tranne forse la repressione, è il motore primo e immobile delle richieste UE. Questo è Macron, gruppo parlamentare UE dell’ALDE, i più liberisti dei liberisti, che adesso parla di égalité (e per questo piace ai privatizzatori di qui). 

I Gilet jaunes, che in Francia hanno sempre goduto di sostanziale consenso, sono stati oggetto di una repressione tra le più brutali, sia poliziesca sia propagandista, fino a arrivare a inventare un assalto a un ospedale, sia giudiziaria (in sostanza chiunque fosse stato denunciato anche solo per aver partecipato a una manifestazione senza far altro, era condannato senza andare per il sottile) che ha picchiato, ferito, storpiato, accecato, colpendo non solo manifestanti, ma giornalisti medici e avvocati. È stato, dal punto di vista della repressione, un G8 di Genova durato anni che si è esaurito solo a causa della pandemia. Il G8 quando il ministro dell’Interno era il missino Fini e il presidente del consiglio Berlusconi. Questo è Macron. 

Nel clima, già che ci siamo, ci son stati anche un ammazzamento o due del genere George Floyd, non su manifestanti ma in controlli ai posti di blocco, eppure non hanno scatenato la commozione mondiale e Macron è sempre considerato un capo di stato dei più rispettabili: ecco, una minima analisi dovrebbe cominciare a chiedersi il perché invece di agitare lenzuola. Con la pandemia ricorderemo il suo show sull’inutilità delle mascherine perché tanto nessuno avrebbe saputo nemmeno come usarle: per un paese che ha fatto una religione della formation - e infatti i risultati si vedono - cotanta sfacciataggine lascia vieppiù sbalorditi. L’impreparazione, la mancanza di scorte, di posti letto, di medici son stati gli stessi. Se la Francia se l’è cavata un po’ meglio è perché partiva ancora da un livello di servizi pubblici più alto del nostro, prima mai nato e poi abbondantemente seviziato dall’amato Prodi, anzi dai governi Craxi in poi (sempre sinistra, mica estrema destra). Questo è Macron.

Degli scandali delle consulenze agli specialisti in tagli e licenziamenti McKinsey (peraltro attiva anche in Italia sotto Renzi e sotto Draghi, anzi forse non sotto ma sopra), esautorando i funzionari, si è letto recentemente. C’est du pur Macron.

Ora, sapendo tutto questo, come si possa pensare di « faire barrage contre l’extrême droite » votando costui, come dei leader di cosiddetta sinistra possano concepire una simile ipocrisia, passa il limite della credulità. Cosa deve fare ancora costui per non essere etichettato per quello che è, un leader di estrema destra economica e violenta, appunto, che sta spezzando e vendendo qualsiasi resto di stato sociale e servizio pubblico che ancora facevano della Francia il paese più civile della UE e uno dei più vivibili del mondo.

Non ho una particolare propensione per la sua attuale avversaria: come gli omologhi nostrani mi pare una persona di nascosta brutalità, che non eserciterebbe mai nei confronti della gente perbene, ma già i salariati dei ceti popolari qual noi siamo potrebbero diventare assai sospetti. Ma nelle presenti circostanze e dati i precedenti dell’attuale presidente, qui altro che peste o colera, come dicono loro.

Il discorso di Macron ieri sera era l’apoteosi della fuffa, o della langue de bois, una serie di specchietti per le allodole in cui  pronunciare parole senza nemmeno articolarle in concetti, di gran lunga il peggiore tra tutti quelli che ci sono stati, totalmente vuoto di impegni contenuti. Il suo continuo ripetere « Niente sarà più come prima » senza prendere alcun impegno preciso, ad esempio non toccare le pensioni, suonava esattamente come il « Sarà tutto diverso d’ora in poi » detto dal marito alla moglie picchiata cui si chiede di tornare per l’ennesima volta all’ovile a suo rischio e pericolo. Al confronto quello della sua avversaria aveva se non altro un senso compiuto: il recupero di migliori condizioni di vita si raggiunge grazie all’autodeterminazione in una prospettiva di ricomposizione sociale della nazione - concetto quest’ultimo che ha una storia molto più lunga e complessa di quello che vorrebbero attribuirgli gli interessati interpreti di oggi: le saisies révolutionnaires, che hanno creato in Francia un’idea collettiva e pubblica di beni e in qualche senso « servizi » mettevano proprietà un tempo private sous la main de la Nation (le vendevano anche, ma è una storia lunga). A quelle parole ciascuno darà il credito che meritano: di certo non si può darne di più a quelle del suo avversario.

La dichiarazione di Mélenchon non da oggi rappresentante di una sinistra appena appena tinta di rosa, malgrado venga presentato come un radicale scatenato, mentre è solo un abile oratore che guida il suo partito in maniera personalistica e assolutista, ha un senso in vista delle legislative di giugno. Adesso che sei diventato decisivo perché gli altri partiti sono stati azzerati a causa della loro insipienza (con soddisfazione particolare nel caso della sindaca di Parigi, privatizzatrice, tagliatrice e affarista come poche, non a caso difesa da un giornale legato agli ambienti imprenditoriali, e che ha trionfalmente portato il PS ai minimi storici) e l’unico che dispone di un elettorato abbastanza numeroso da essere decisivo se spostato su un altro candidato, sai che puoi mercanteggiare con un presidente di quella risma per avere garantiti dei collegi a giugno, cioè per avere degli avversari deboli e fare eleggere i tuoi candidati. Ciò permetterà alla France insoumise di continuare a esistere senza contrastare le politiche economiche di Macron cioè senza disturbare niente e nessuno, e al suo fallimentare capo di condurre un’esistenza politica e di potere.

Tutto qui, il « barrage contre l’extrême droite ».

Vediamo se riesco a riuscire a dormire.

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