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per gli scribi

Toulouse en érasmienne

venerdì 13 maggio 2022

E insomma

 Lavoro: ramanzina a me per via dell’inciviltà altrui. Senso di nausea e voglia di vomitare per il paternalismo ipocrita in cui sono costretta a vivere - fosse solo quello. 

Casa: doveva venire un vicino per un micro lavoretto, non s’è visto.

Programma: spediti i vecchietti in campagna, rassettare casa e prendermi un po’ di tempo per me. Progettare il prossimo fine settimana a Gaeta con la mamma, dove andavamo in vacanza quando ero piccola e dove non siamo poi mai più tornate.

Tre quanti d’ora fa, mentre sto postando il brano precedente ché sono in ritardo, chiama il marito della mamma, affranto. Lei si è scagliata contro una delle sue nipoti, una ragazzina simpatica e gentile, ospite del nonno per la notte, urlandole ingiurie e insulti di cui « puttana » era il più ricorrente. Premetto che mia mamma non ha mai usato la parola in questione in mia presenza neanche rivolta a terzi e ha sempre avuto come tutta la mia famiglia un vocabolario più che castigato, una parola volgare le sarà scappata forse quattro volte nell’arco dei decennni. Giovedì erano andati a fare una visita medica di controllo, con una donna, ma la mamma è ormai in fase di negazione assoluta della sua malattia, e dopo un momento in cui non voleva prendere le medicine, adesso non accetta più di vedere i medici. Probabilmente il suo sfogo era contro questa donna che aveva dovuto vedere senza volerlo, e la paura che la coscienza tutta particolare della malattia che può avere una persona con quella patologia le provoca.

Lui mi chiama disperato, ma come ogni volta che dopo averlo ascoltato sfogarsi gli dico di chiamare il neurologo, trova mille scuse per non farlo. Le ha ridotto di testa sua la terapia che il neurologo le ha dato e se lo chiamo io, il medico ovviamente chiede di parlare con lui. E lui non lo fa a nessun costo. Però poi piange che non ce la fa più, il che è vero e giustificato, ma non vuole una badante a nessun costo né dare retta a un medico.

Io mi sento in colpa per motivi indecifrabili e sovrapposti, ma vorrei solo andarmene da una situazione del genere. E vorrei anche parlare con la ragazzina per scusarmi e perché avendo vissuto da piccola scene insensate, so che non deve patirne lei senza che nessuno le dica una parola. Ho chiesto a lui di mandarmi il suo telefono perché non ce l’ho, ma ovviamente lui non me lo dà, perché nella sua testa e nella sua famiglia meno le persone comunicano tra loro meglio è.

Insomma: se avessi un lavoro decente e una situazione economica migliore, che mi permettessero una vita più soddisfacente e confortevole, con qualche svago vero, forse affronterei questa situazione con maggiore serenità. Così come stanno le cose, dovendo sforzarmi per cinque giorni di non urlare fino a far crollare i muri dell’ufficio seppellendoci sotto tutta la dirigenza con annessi e connessi, l’idea che il fine settimana diventi un tour de force perpetuo mi fa venire voglia di buttarmi dalla finestra per non dover più sentire cose insensate né affrontare problemi che non ho i mezzi di risolvere. Scriveva Musatti che buttarsi dall’alto è un modo di esprimere la volontà di annullare il mondo.

2 commenti:

  1. Hai tutta la mia comprensione, ma purtroppo non posso fare niente di più. Conosco il senso di oppressione e il desiderio di “mente libera”: resisti. Dolcezze

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    1. Grazie Dolcezze è importante non sentirsi del tutto strambi né peggio, perversi. Qui si preparano dieci anni così e non so che resterà di me. Oltretutto un conto è essere soli a gestire una situazione, un altro dover rendere conto a qualcuno di ogni cosa che fai e soprattutto non fai. Ma per fortuna che quella persona c’è perché economicamente parlando non so come dare un’assistenza alla mamma se lui non ci fosse. Il che complica le cose. E poi si vogliono bene.

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