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Toulouse en érasmienne

domenica 22 maggio 2022

Messaggi

 Dispiace dover ritornare sempre sugli argomenti meno ameni, ma che farci, la mia vita è così. Ci sarebbe per la verità un nutrito gruppo di medici costosissimi a completare il quadro, dentista in primis, ma facciamo finta che sia « normale » spendere più di uno stipendio per cure di base, perché ovviamente « nonpossimopiùpermettercididaretuttogratisatutti - celochiedel’EUropa »: ditele che s’impicchi: crepare per i ricchi no non ci garba più, si sarebbe risposto una volta.

« Ieri quando hai telefonato ho perso le staffe. Avevo sognato 48 ore da solo, una cena con i miei familiari senza di lei convitato di pietra, che quasi non ha toccato cibo e non guardava in faccia nessuno. Che cena è stata per me! Della salute non me ne faccio niente a queste condizioni. Non posso leggere un libro, lei sta lì  impaziente perché non sa che fare. Non posso scegliere un programma TV, devo pensare a cosa fare e fare da mangiare due volte al giorno (l’aiuto che mi dà lei mi rende più faticosa questa attività) N.B.: ricordiamo che chi scrive queste righe rifiuta categoricamente la sola idea di una badante, caldeggiata da noi tre figli dei due insieme - deo gratias concordi -  che sia per accompagnare in giro la mamma o per aiutare in casa un po’ più a lungo delle due ore settimanali della domestica. (...) La volta alla settimana, e non sempre, che vengono W o Y, che ora si porta anche Z (prole), sto da solo un’ora circa poi devo sorbirmi le solite chiacchiere. Smetto, ci sarebbe ben altro. Per quanto potrò andare avanti? »

 Premessa: accennavo due post fa a un fine settimana fuori con la mamma che stavamo programmando. Il giorno della partenza mi telefona una carissima collega per dirmi che i suoi genitori si sono ammalati entrambi di Covid. Tre giorni prima ci eravamo parlate a lungo animatamente al chiuso senza mascherina. Scema io ventimila volte, che l’ho fatto soprattutto per pressione sociale, perché ormai da me nessuno la mette e io passo per la solita strana. E anche perché a quanto pare continuare a proteggersi può portare svantaggi a lungo andare e finché si è più protetti meglio venire a contatto con il virus, magari in piccole quantità.

Ma loro due sono troppo anziani e lui troppo fisicamente debilitato perché io mi senta di metterlo a rischio passando tre giorni a stretto contatto con sua moglie - la mamma probabilmente ne uscirebbe, lei che, è atroce dirlo, ha meno da perdere oramai, lui no. Non è questione di « salute » come scrive lui, ma di vita. Fare un molecolare è presto e ad ogni modo non avrei il risultato in tempo. Gli antigenici sugli asintomatici (l’unica cosa che ho è un mal di testa atroce che ricorda la prima dose di vaccino) lasciano il tempo che trovano. Son cose che capitano. Seccanti, ma capitano, santo cielo!

Quindi cospargendomi il capo di cenere spiego che bisogna rimandare la cosa, disdico tutto e per fortuna che non mi fanno pagare penali. Sono realmente triste per tutto quanto e cerco di fissare subito una nuova data per il fine settimana del 10 giugno, il primo in cui potrò uscire dall’ufficio presto e partire godendoci anche il pomeriggio. Capisco bene la sua delusione e la sua frustrazione: quando sono con la mamma la mia vita non è diversa dalla sua ed è defatigante, dato che se lui è stanco per la vecchiaia io lo sono fisicamente e mentalmente per il lavoro frustrante e misero cui si somma quello domestico consistente nell’impossibile impresa di tenere ordinata e pulita una casa dove nulla ha un posto perché di posto non ce n’è - non ditemi di buttare i libri, le tovaglie o le pentole, grazie. Capisco meno bene il fatto che lui mi attacchi ogni santa volta come se io facessi le cose per mio capriccio o vantaggio, stavolta dicendomi che lui è depresso e chiudendomi il telefono in faccia: cosa ci avrei guadagnato dedicando un fine settimana al cambio di stagione e alla cucina per i prossimi cinque giorni anziché a una bella gita in luoghi a noi emotivamente vicini lo sa solo lui.

Questo mi infastidisce, ma la cosa che più mi secca e mi mette in difficoltà è il giudizio che lui non cessa implicitamente e spesso esplicitamente di dare sulla mia famiglia di origine che poi sarebbe quella dei parenti di sua moglie. Famiglia che lui ha fatto di tutto per tenere lontana, me compresa. Certo, la vigilia di Natale e il giorno di Pasquetta si andava a casa sua in città e in campagna, e qualche volta J andava a casa in campagna, ma per il resto, stai fuori dalla mia vista. E poi non cessava di recriminare non solo davanti a me, ma pure a sua moglie, quanto gli pesasse incontrare tutti i miei parenti che vedeva due volte l’anno e che lo hanno sempre accolto volentieri e con letizia. L’unica persona che lui apprezzasse era X. Ma ogni santa volta che io entravo in casa sua mi sentivo fuori posto: lui non era mai sereno, sempre impaziente e a disagio sembrava calcolare i minuti perché io me ne andassi. Il che ci poteva anche stare se non fosse che mia madre si sentiva obbligata a non lasciarlo solo per più di un paio d’ore e ogni volta vedersi era un problema di minuti contati, dovuto anche al fatto che loro due abitano a oltre un’ora di distanza dal quartiere mio e di W e Y. Questo mi è pesato molto, per decenni. Di fatto ha sottratto quasi ogni spontaneità al nostro rapporto di madre e figlia. Vedersi era diventato una trattativa e molto spesso lei veniva a pranzare nel mio ufficio mezz’ora per potersi incontrare. 

Ora non voglio raccontarlo per peggio di quello che è. Nelle situazioni gravi lui c’è sempre stato, anche di recente per il concorso, con consigli avveduti, ospitalità e economicamente, cosa quest’ultima che nelle mie condizioni ha sempre contato purtroppo più di quanto volessi. È una persona molto responsabile e previdente, ciò che nella mia famiglia è poco presente... Ma nel quotidiano non va mai bene niente. E non si priva di assestare delle frasi particolarmente cattive che qui non riporto, ma che mi hanno devastato più di una volta, anche se ho fatto di tutto per non fargli capire quanto.

Da un punto di vista pratico esistono solo palliativi, purtroppo, ma qualcosa da fare c’è e relativamente semplice: sarebbe d’aiuto sia avere una badante, sia fare un test RBD per tentare di capire se entrambi hanno in qualche modo risposto al vaccino o niente del tutto, sia accettare di parlare con il neurologo in caso di necessità, come il medico stesso ha richiesto. Infine rivolgersi a un aiuto psicologico per persone che assistono i malati di demenza che hanno anch’esse bisogno di attenzioni e sostegno particolari. Chissà come mai però tutte queste cose non vanno bene, anche se forse la visita periodica con il neurologo sembra intenzionato a fargliela fare. Telefonargli per i momenti di crisi, giammai: tutte le scuse sono buone.

La costante delle sue conversazioni, e forse qui ci avviciniamo al punto, è in un modo o nell’altro quanto sia cattiva mia madre perché «il problema è che non sopporta la mia famiglia » e quanto siano inadeguati i miei parenti settanta-ottantenni che, anche per ragioni economiche, « non hanno la macchina » e « su cui non c’è da contare » e « Tu devi sapere queste cose » riferito alla scenata di mia mamma a sua nipote o ad altri episodi spiacevoli molto personali. Entrambi gli atteggiamenti non mi vanno giù. Cioè, posso capirli, ma non mi va giù che lui venga da me a esternare questi sentimenti, perché anzitutto mi pare il colmo dell’indelicatezza e perché oltretutto ho l’impressione che lui si attenda o voglia provocare in qualche modo un mio giudizio su queste persone, ciò che io non ho nessuna intenzione di fare, men che meno con lui, né in generale, né rispetto alla mamma, né in merito al comportamento degli altri parenti verso una malata di una malattia non facile. Ma, e forse qui è il nocciolo del problema, pur essendo razionalmente convinta della giustezza della mia scelta, non farlo mi fa sentire manchevole, orribilmente manchevole nei suoi confronti, in quelli dell’universo mondo e di me stessa. Come se sprofondassi nel vuoto. On ne refuse rien aux amants de la mère... il faut pas être malpolie, sois sage... même au prix de ton intégrité physique.. souviens-toi... La France m’a sauvée, comment puis-je l’abandonner? Eh, be’, in circostanze del tutto diverse e con altre persone, sto cercando di dire « No », o come sarebbe più appropriato, di non consentire. E di non cedere. Ma questo è difficile, faticosissimo emotivamente, dopo tanti decenni passati a piagarsi nell’angoscia dell’incomprensibile. Oggi per dire, ho passato tre ore su questo post, invece di fare altro di più necessario o piacevole.

Torniamo un attimo a lui: è senza amici, salvo accusare me di rompere con tutti. Non ha allontanato solo i parenti di sua moglie, ché quelli alla fin fine non si scelgono. Ma tutti, chiunque tentasse di avvicinarsi a loro, lui ha sempre lasciato cadere la cosa, spesso lamentandosene come di un’ingerenza insopportabile, una seccatura intollerabile: conoscenti, vicini, amicizie di lunga data, della mamma e pure sue « Non siamo mai soli io e te ». Geloso, possessivo, chiuso, scostante, maldicente, pur con mille altre ammirevoli qualità, avvedutezza, attenzione, responsabilità, affidabilità, capacità professionali. Certo che adesso non sa con chi sfogarsi. Solo la sua famiglia e sua moglie. Solo loro, sempre loro. Suo figlio no perché non chiacchiera, sua figlia si’ perché chiacchiera, i miei parenti no perché sono le « solite chiacchiere », i nipoti si’ ma non vengono mai - hai provato a proporgli di fare questo o quello? - no perché ilcielolalunalenuvole. La mia mamma ne ha sicuramente patito, le sarebbe piaciuto avere una vita sociale di coppia dopo decenni di solitudine. Ma anche basta, con tutta la buona volontà di dare una mano, non ne voglio patire io.

À essere sincera, io pure detesto cordialmente sua figlia, perché la trovo falsa, manipolatrice, ipocrita, molto attenta al proprio interesse facendo finta di prendersi cura dell’universo mondo, prepotente, vacua, soffocantemente perbenista e conformista nella sua omologazione imbellettata di anticonformismo. La poveretta riunisce praticamente tutto quello che io aborro nelle persone. La evito accuratamente, certo e se dobbiamo stare insieme in occasioni sociali mi piazzo all’altro capo della stanza e guardo nella direzione opposta. Soprattutto da quando, a quattr’occhi, mi aggredi’ in maniera inaccettabile sulla questione della badante, come se fosse in qualche modo una decisione mia o della mamma e come se, in ogni caso, certe maniere fossero giustificate. Discuti con tuo padre, piuttosto e ad ogni modo prima di urlare informati, o almeno chiedi scusa alla fine. Macché. Poi, mielosa, davanti ai nostri genitori miagola melensa: « Ma ti accompagno io a casa, non vuoi? Proprio non vuoi?» « No. Grazie, no.».  Da allora, un ciao è fin troppo. Ma mi guardo bene di andare a soffiare un fiato in merito a chiunque! Magari si vedrà, ma si può sempre aver visto male ;-P.

Per fortuna invece con suo figlio le cose stanno molto diversamente e ho stima di lui, mi piacciono sua moglie e le loro figlie. Speriamo che questo non cambi! Perché ci tengo davvero.


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